martedì 24 aprile 2012

Gli eroi son tutti giovani e belli

Stavolta Francesco Guccini è proprio arrabbiato, e ne ha ragione. Una sua canzone è stata rubata dai neofascisti, una delle più famose: l’intervista con Guccini è su Repubblica on line, http://www.repubblica.it/ , in data 24 aprile 2012, penso che si possa ben immaginare il suo pensiero e non la riporto qui anche se è un’intervista molto bella. Quello che mi interessa invece sottolineare è il fatto che, per l’ennesima volta, si facciano delle citazioni “a capocchia”: si prende una frase da un testo perché piace, e non ci si cura minimamente di leggere fino in fondo, nemmeno le due righe che stanno intorno a quella frase. Leggere tre righe, o magari una pagina intera, è chiedere troppo? Evidentemente sì, e la stessa cosa capita anche al cinema: ho conosciuto molte persone che di un film di due ore avevano visto solo cinque minuti, ma a loro tutto il resto non interessava, gli interessano solo quei cinque minuti lì; di solito, uno stupro o una sparatoria, o qualcuno che si droga. Anthony Burgess e Stanley Kubrick, per esempio, hanno lasciato molte interviste e articoli per spiegare cosa avevano fatto con “Arancia meccanica”, ma è stato tempo perso. Alla fine, sia Burgess che Kubrick hanno gettato la spugna, concludendo che sarebbe stato meglio non iniziare quel discorso. Io aggiungerei: visto il livello medio di chi legge, ascolta, guarda, forse non vale la pena di iniziare nessun discorso – ma mi rendo conto che ormai il mio pessimismo sta raggiungendo livelli molto alti, perciò ritorno sulla canzone di Guccini, che è “La locomotiva”.
La conosciamo tutti a memoria, ma comunque ne riporto l’inizio: Non so che viso avesse, neppure come si chiamava, con che voce parlasse, con quale voce poi cantava, quanti anni avesse visto allora, di che colore i suoi capelli, ma nella fantasia ho l'immagine sua: gli eroi son tutti giovani e belli.
E continua così: Conosco invece l'epoca dei fatti, qual' era il suo mestiere: i primi anni del secolo, macchinista, ferroviere (...)
Si tratta quindi di una descrizione. Un inizio favolistico, da ballata medievale; un incipit tra i più belli che mi sia capitato di leggere o ascoltare. Non so che viso avesse, ma comunque nella fantasia gli eroi sono tutti giovani e belli: Guccini attinge al repertorio dei cantastorie, che hanno percorso per secoli (per millenni) la nostra storia, e che fino agli anni ’60 capitava ancora di incontrare nelle piazze e nelle fiere. Così furono trasmesse anche l’Iliade e l’Odissea, e i grandi poemi epici di tutto il mondo e di tutte le epoche: a voce, senza scrivere, a memoria. By heart, come dicono gli inglesi: si traduce “a memoria” ma il significato letterale è “con il cuore”.

Ripetere l’ultimo verso, in quel modo, serve per non far perdere il filo a chi ascolta, e per attirare l’attenzione dei passanti; se fatto bene (ci vuole orecchio, classe, senso del ritmo e della rima: non è da tutti) si ottiene un effetto di grande suggestione. E dunque, Guccini non ci sta affatto dicendo che gli eroi sono davvero tutti giovani e belli, così come non ci sta dicendo, più avanti, che lui davvero auspichi il trionfo della giustizia proletaria: è il suo protagonista che lo pensa, non Guccini. Può darsi che il narratore sia d’accordo con la storia che racconta, ma non è affatto scontato.
Questa storia dello spezzettare, del non prestare attenzione per più di due minuti, è in gran parte frutto del martellamento pubblicitario che ci arriva ogni giorno da quando sono nate le tv e le radio commerciali; prosegue con il successo delle raccolte di aforismi (perché leggere un libro intero quando te la puoi cavare con una battuta?), e arriva al suo apice con le scuole di scrittura che insegnano a spezzettare le frasi e a fare periodi sempre più corti (altrimenti chi ti legge si distrae, come capita con i cagnolini e con i bambini di due anni). La ciliegina sulla torta è l’effetto sms, o twitter o facebook: le centoquaranta battute da non superare. Centoquaranta battute vanno bene, appunto, per fare una battuta; o magari per dire “butta la pasta, arrivo”: ma provate a scrivere la ricetta dei bucatini all’amatriciana in 140 battute. (Ho esagerato, lo so: può anche servire per dire “ti amo, aspettami”).
I risultati sono questi, che sui giornali (anche quelli importanti) per dire che stamattina mi sono alzato, mi sono lavato e mi sono fatto la barba si trovano queste perle: «Mi sono alzato. Mi sono lavato. Mi sono fatto la barba.» E ormai molti scrivono davvero così, ci sono perfino correttori automatici che ti correggono quello che hai scritto: “troppo lungo! spezzettare!”. Ci sono anche dei critici che teorizzano queste cose come se fossero cose giuste: prendo un pezzettino di qui, un pezzettino di là, ecco fatto il film su misura come mi piace a me.

Si può applicare questo metodo anche alla Storia? Prendere quello che ci piace, e buttar via il resto? La storia del fascismo comincia con l’omicidio di don Minzoni (1923), con il rapimento e l’omicidio di Matteotti (1924), con l’aggressione a Gobetti (1926), mica si può sorvolare su queste cose. La storia della Repubblica Sociale Italiana è la consegna dell’Italia (della Patria) ai nazisti, siamo dalle parti dell’alto tradimento. In mezzo, decenni di persecuzioni agli oppositori, di guerre perse prima di cominciarle, di leggi razziali e di deportazione di compatrioti inermi ed onesti. La Resistenza non fu solo comunista, fu anche cattolica, laica, socialdemocratica, liberale. Ma tutto questo, temo, ormai non serve più: ho oltrepassato il limite di attenzione concesso ai cagnolini e ai bambini di due anni, chissà quanti sono arrivati a leggere fin qui, chissà se in futuro ci sarà ancora spazio per un blog: il futuro è nelle 140 battute, anche meno, e se il livello medio è quello di chi contesta gli ex partigiani, o di chi ruba il verso di una canzone famosa per farci sopra i suoi porci comodi, forse per comunicare basterà un rutto, chissà. A patto che non sia un rutto troppo lungo, mi raccomando, altrimenti chi vi ascolta finirà col distrarsi.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Pacificazione.

Il perdono si dà a chi chiede scusa.

La pacificazione, quindi, è possibile soltanto attraverso la richiesta di perdono da parte dei fascisti ed il riconoscimento delle loro colpe.
Questo processo potrebbe essere facilitato dalla distinzione tra fascisti ante e post 25 Luglio del '43.
Giustificabili (in parte) i primi, spergiuri e traditori i secondi.

Vergognoso comunque che un presidente della repubblica imborghesito si permetta di dire all'ANPI chi dovrebbe invitare alle manifestazioni.

franz ha detto...

mi viene in mente un rutto in un film di Virzì, l'eroe (giovane e bello?) riusciva a ruttare Wyoming in un rutto solo.
oggi basterebbe Utah:)

Giuliano ha detto...

Ha vinto la Resistenza e siamo stati tutti bene per sessant'anni; non appena sono stati "sdoganati" i fascisti l'Italia è finita in recessione. Non è un caso, anzi.

Giuliano ha detto...

sono sceso al livello degli interlocutori...chiedo scusa per la metafora, ma se il livello è quello, cos'altro fare? Faresti un discorso storico-filosofico con una gallina, o con un criceto?
ciao Franz!
(questa è la "cultura" degli ultrà da stadio, mai dimenticarselo: quelli che hanno eletto prima Fini, poi Alemanno e Polverini, poi Borghezio e Maroni - eccetera)