venerdì 22 luglio 2011

I vecchi e i giovani

Ho votato per la prima volta alla fine degli anni ’70: c’era appena stato un rinnovamento, il leader del PSI non era più un vecchio – era ora! – ma un quarantenne rampante e mai visto prima. "Rottamati" i Nenni e i De Martino, ecco il nuovo leader: che avrebbe portato l’Italia a un deficit di bilancio spaventoso (quello che stiamo pagando ancora oggi) e il suo partito, il glorioso PSI erede dei Turati e dei Matteotti, alla scomparsa e all’ignominia. Era Bettino Craxi: io l’ho votato una volta, ma era appena arrivato. Quando ho capito chi era, ho subito cambiato partito; ma non è servito a niente, in fin dei conti era solo il voto di un ragazzo di diciannove anni.

Ripenso a queste cose ogni volta che sento parlare di rinnovamento, di giovani che devono prendere il posto dei vecchi, eccetera. Questo dei giovani che rinnovano e migliorano il mondo è il più trito dei luoghi comuni, per il quale vale la pena di ripetere quello che avevo già scritto qui riguardo alle donne in politica: la solita cosa, cioè che è bene dubitare dei luoghi comuni e che – soprattutto – non si valutano le persone per categorie, ma singolarmente e dentro il contesto in cui operano. Non esistono i giovani, i vecchi, i meridionali, i settentrionali, gli uomini, le donne, eccetera: esisto io, esisti tu, ognuno di noi ha una sua personalità. E anch’io, a guardar bene, non sono mica sempre lo stesso: alle volte sono un bel po’ aggressivo anch’io, e poi magari mi dispiace, ma ormai è fatta. Il me stesso delle 9:30 non è il me stesso delle 15:30, e anche questo dovremmo ormai saperlo tutti; invece no, siamo ancora qui a discutere se le donne sono meglio degli uomini e se i giovani sono meglio dei vecchi. E la risposta è: dipende. Dipende: chi è l’uomo, chi è la donna, chi è il giovane, chi è il vecchio, di chi stiamo parlando di preciso? Gran brutta cosa, il generalizzare. Alle volte generalizzare può essere utile, comodo, sbrigativo: ma insomma, meglio valutare passo dopo passo, e stare bene attenti a cosa succede e a dove si mettono i piedi: come facevano i miei nonni contadini, dei quali sono molto orgoglioso (e so per certo che mio nonno sapeva farsi rispettare, ma era una persona che non avrebbe mai e poi mai dichiarato guerra a nessuno).

A questo punto potrei concludere aprendo un libro di storia, andando a vedere chi ha portato dei cambiamenti in politica, e – mamma mia! – meglio non pensarci e provare a cambiare discorso. Chi ha davvero migliorato e portato avanti l’Italia? Gente anonima, grigia, di mezza età, di poche parole: De Gasperi, Ciampi, queste persone qui. Degli altri, soprattutto di chi non si conosce ancora, meglio diffidare. Già il fatto che si usi la parola “rottamare” riferito a persone è un gran brutto segno, ma pazienza: a cose come queste si può provare a rimediare con un corso di buona educazione. Va sicuramente peggio quando ci si accorge di COME i giovani e le donne si sono avvicinati alla politica: se “largo ai giovani” significa dare posti di potere a raccomandati e fidanzate e figli di papà, mi tengo stretti i vecchi, quelli nati negli anni ’20: ne sono rimasti pochi, ma hanno visto cos’è la guerra e se ne ricordano ancora. Finché c’è in giro la loro generazione, di guerre non ne vedremo di sicuro: ma quanti ne sono rimasti, al governo? E sono sempre meno, brutto segno.

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