mercoledì 27 luglio 2011

Diamanti e carbone

Quest’inverno ho fatto una chiacchierata con un gioielliere, un tipo simpatico e molto professionale, che però non sapeva una cosa importante: dal punto di vista chimico, il diamante e il carbone, e il nerofumo, e la fuliggine, sono tutte varianti del Carbonio. Cioè, alla fin dei conti, sono la stessa cosa: la differenza sta nella disposizione degli atomi di Carbonio, che nel carbone e nel nerofumo sono come buttati lì alla rinfusa, mentre nei diamanti hanno una struttura cristallina molto ben organizzata. Detto in termini un po’ più scientifici (la definizione l’ho copiata da http://www.wikipedia.it/ ): «Il diamante è una delle tante forme allotropiche in cui può presentarsi il Carbonio; in particolare, il diamante è costituito da un reticolo cristallino di atomi di carbonio disposti secondo una struttura tetraedrica.» La struttura del diamante è questa qui sotto, e l’illustrazione viene sempre da wikipedia.
Il Carbonio, numero 6 nel Sistema Periodico degli Elementi, si presenta in natura in infinite forme, sia organiche che inorganiche: è l’unico elemento che ha questa capacità. Gli si avvicinano un po’ il Silicio, che dà i siliconi e molti composti inorganici, e lo Zolfo, che entra in un’infinità di formule chimiche ma che non ha la capacità di creare catene con i suoi atomi. Ma il Carbonio è l’elemento base della vita, proprio in virtù della sua capacità di creare catene di atomi: il DNA, sia il nostro che quello degli altri animali e delle piante e di tutte le creature viventi, è costituito da atomi di Carbonio in sequenze molto ordinate. Il Carbonio è anche alla base delle materie plastiche: le bottigliette di plastica, la pellicola per avvolgere i cibi in frigorifero, la tastiera che sto usando adesso, tutta la plastica inventata dall’uomo è basata su lunghe catene di atomi di Carbonio.
Il Carbonio esiste anche in forma inorganica: combinato con l’Ossigeno diventa un gas, l’anidride carbonica; combinato con il Calcio dà il marmo (calcio carbonato) e molti altri minerali, e con il Sodio dà il bicarbonato (quello che si usa anche in cucina) e la soda solvay (sodio carbonato).
Il carbone e i suoi simili, la fuliggine e il nerofumo, vedono il Carbonio mischiato ad altri composti, in primo luogo l’acqua, poi lo Zolfo ed altro ancora, ed ha una struttura molto disordinata, dato che si tratta di un prodotto di decomposizione e di combustione. Nel diamante, invece, il Carbonio è da solo ed ha una struttura altamente organizzata: da qui derivano la sua bellezza e la sua durezza.
Il mio amico gioielliere mi ha chiesto se anche il diamante brucia come il carbone, e la risposta è sì: ovviamente alle adeguate condizioni di temperatura e di pressione, che sono molto più elevate rispetto al carbone e alla legna. Ogni cosa brucia, sulla Terra e nell’Universo; ogni cosa ha forma solida, o liquida, o gassosa, nell’Universo; da qualche parte nel firmamento esistono anche i diamanti liquidi e il metano solido, ma sul momento non saprei dire di preciso dove sono stati individuati, e su quale pianeta. Forse è meglio lasciare la parola agli esperti (categoria della quale io non faccio parte, sia ben chiaro).
Sempre da http://www.wikipedia.it/ : « Il diamante ha origine nel mantello terrestre; successivamente i cristalli vengono portati alla superficie da condotti vulcanici mediante eruzione attraverso una roccia contenente molta olivina, detta kimberlite. In seguito, mediante erosione, la kimberlite viene sgretolata liberando i diamanti nella zona circostante in depositi secondari. La sintesi in laboratorio di diamanti a partire da materiali costituita da carbonio iniziò nella prima metà degli anni cinquanta quando ricercatori della General Electric di Schenectady, New York, riuscirono a ricreare le condizioni necessarie alla cristallizzazione del carbonio che porta alla formazione del diamante. Essi riscaldarono grafite a una temperatura di 15157,5 K assieme a un metallo quale il ferro o il nichel, a una pressione compresa fra le 50000 e le 65000 atm. Il carbonio in questo modo si scioglie nel metallo e, grazie alla pressione, crea i legami necessari. Le prime applicazioni pratiche del diamante sintetico sono state il rivestimento di utensili per tagli di precisione e la produzione di abrasivi. (...) Tuttavia il suddetto processo si rivela troppo costoso, inoltre il diamante risultante non è completamente puro né cristallino e pertanto non può essere usato come semiconduttore. Un metodo alternativo sviluppato recentemente è il CVD, Chemical Vapor Deposition (deposizione chimica da fase vapore).
(...) Si pensa che i diamanti siano stati inizialmente riconosciuti ed estratti in India, dove furono trovati significativi depositi alluvionali della pietra lungo i fiumi Penner, Krishna e Godavari. Qui i diamanti erano utilizzati nelle icone religiose, ed è probabile che fossero noti e considerati preziosi già 6000 anni fa. (...) Golconda fu uno dei principali mercati diamantiferi e per secoli il suo nome fu sinonimo di ricchezza. I diamanti giunsero nella Roma antica dall'India e vi sono chiari riferimenti circa il loro utilizzo come strumenti d'incisione. (...) I cinesi, che non hanno trovato i diamanti nel loro paese, inizialmente non li hanno considerati come gioielli mentre da secoli viene apprezzata la giada. Fino al XVIII secolo i diamanti provenivano esclusivamente dall'India o dal Borneo e solo nel 1725 in Brasile, nello stato di Minas Gerais, furono trovati i primi campioni di diamante provenienti dal Sudamerica e successivamente, nel 1843, fu rinvenuto il carbonado, un aggregato microcristallino di diamante, di colore bruno-nero, impiegato nell'industria. Il primo ritrovamento in Sudafrica avvenne nel 1867, nei pressi delle sorgenti dell'Orange, e fino al 1871 vennero sfruttati unicamente i giacimenti di tipo alluvionale. In seguito si scoprì l'esistenza dei camini diamantiferi dei quali il più noto è costituito dalla miniera di Kimberley, dalla quale prende il nome la roccia madre del diamante: la kimberlite. Nel Settecento sono stati scoperti giacimenti nel Borneo, ciò che diede inizio al commercio del diamante nel sud-est asiatico. Con l'esaurimento delle risorse indiane, avvengono significative scoperte in Brasile (1725) e Sud Africa (Kimberley, 1867).Il Sud Africa divenne quindi il principale centro mondiale per la ricerca e quindi la produzione di questa preziosissima gemma. La popolarità dei diamanti è aumentata a partire dal XIX secolo grazie alla maggiore offerta, al miglioramento delle tecniche di taglio e lucidatura, alla crescita dell'economia mondiale e anche grazie ad innovative campagne pubblicitarie di successo. Nel 1813, Humphry Davy usò una lente per concentrare i raggi del sole su un diamante in un ambiente di ossigeno e dimostrò che l'unico prodotto della combustione era il biossido di carbonio, provando così che il diamante è un composto di carbonio. In seguito egli dimostrò che in un ambiente privo di ossigeno il diamante si converte in grafite. I cristalli del diamante possono avere la forma di un ottaedro o di un esacisottaedro, talvolta con le facce curve. Talora, sulle facce dell'ottaedro, si possono notare delle trigoni, ossia delle incisioni triangolari. Alcune gemmazioni possono portare a cristalli piatti a forma di triangolo smussato. Altre forme in cui si presenta sono i rombododecaedri ed i cubi; tuttavia meno rari, comunque, sono i cristalli esacisottaedrici, cubici e dodecaedrici. Non mancano inoltre cristalli geminati o a simmetria tetraedrica.»
Un’altra forma conosciuta del Carbonio è il fullerene, alla base delle moderne nanotecnologie: lo scienziato inglese Harold Kroto per questa scoperta ebbe il Nobel per la Chimica nel 1996.
Per descrivere cos’è il fullerene prendo qualche riga da un’intervista a Kroto di Giulio Giorello, dal Corriere della Sera 6 luglio 2005: « ... affascinato sia dalla grafica sia dalla chimica almeno fin dal tempo degli studi all'Università di Sheffield, Kroto era poi diventato alla metà degli anni Ottanta professore all'Università del Sussex; intanto, i radioastronomi avevano riscontrato la sorprendente presenza di complesse molecole di carbonio nello spazio interstellare. Analisi spettroscopica e sintesi di laboratorio consentivano l'indagine di queste catene di carbonio “disperse nello spazio”; Kroto congetturò che esse si formassero nelle parti più fredde delle stelle e, nel “riprodurre” tali condizioni, riuscì a immaginare la struttura del cosiddetto “Carbonio sessanta”, ritrovando le forme di un solido semiregolare (1985). Anche la natura gioca al meccano: quella congettura un po' “geometrica” e un po' “suggerita dall'esperienza” doveva trovare realizzazione in laboratorio (1991) a opera di Robert Curl e Richard Smalley. La struttura è stata battezzata «buckminsterfullerene», in onore di Buckminster Fuller, visionario e geniale architetto che amava costruire le sue cupole sfruttando i solidi regolari che già per Platone costituivano gli elementi del cosmo. (...) »
Il fullerene ha una forma molto familiare: per mostrarla qui rubo una foto a questo articolo del Corriere della Sera (06.07.2005, l’intervista intera è reperibile nell’archivio on line del quotidiano, http://www.corriere.it/  ) dove una sua riproduzione è nelle mani dello stesso Harold Kroto. Le altre illustrazioni vengono da wikipedia e da quotidiani e giornali dagli anni ’80 in su.

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