venerdì 24 giugno 2011

Naviglio

1. Un sorprendente fossato di acqua viva, popolata di pesci e di gamberi, circonda questa città. (Bonvesin de la Riva, anno 1200)
2. Sul gorgo viscido, chiazzato e putrido, sghignazza un cinico raggio di sol (Filippo Turati, fine ‘800)
3. Bisognerebbe scoperchiare i navigli, invece svuotano la darsena per farci i garage. (Dario Fo, anno 2006)
(notizie da La Repubblica 19 gennaio 2007, per la pubblicazione di  "Il fiume sommerso" dell’architetto Pietro Lembi , ed. Jaca Book, un libro che ripercorre la storia dell’acqua di Milano dal neolitico fino ai nostri giorni)
Il presente? due rive d’acqua sporca, che scorre nel cemento, ma c’è a chi piace. Chissà, forse verso Pavia torna ad essere un corso d’acqua e non lo scolo del cesso, ma chissà per quanto tempo ancora. Di sicuro c’è questo: che i milanesi, se vedono una rana o una cavalletta, chiamano i pompieri; e che se hanno a disposizione un posto come la Darsena, la chiudono e la rendono invivibile.

Dante Isella descrive brevemente i Navigli così, nel commento a “Navili” di Delio Tessa:
Navigli: La fossa che circondava le mura della città antica fu modificata ed ampliata sotto Ludovico il Moro (1496; la tradizione vuole per opera ingegneresca di Leonardo), in modo da introdurvi le acque del Naviglio. L'anello, di circa cinque chilometri, fu detto «Naviglio interno». Il tratto che passava davanti all'Ospedale Maggiore (oggi via Francesco Sforza) era comunemente chiamato «il Naviglio dell'Ospedale». Se ne può avere un'immagine particolareggiata da un disegno del Migliara (riprodotto nella Storia di Milano, XVI, p. 831) e da un quadro di anonimo, pure verso la metà dell'Ottocento, del Museo di Milano (ibid., p. 28).
“Tombon de San March”: cosí si era soliti «chiamare, con una metonimia popolare, lo slargo del Naviglio nei pressi della chiesa di San Marco (...) Ragazze tradite e uomini disperati venivano, fino a pochi anni fa, ad annegar nell'acqua torpida del Tombone le pene dell'amore e quelle della miseria» (Bacchelli, art. cit.).
Vale la pena di osservare che siamo in centro a Milano: la chiesa di San Marco è a Brera, via Sforza è a due passi dal Duomo. Difficile immaginare un corso d'acqua o un laghetto da quelle parti, eppure l'acqua c'è ancora, è stata solamente ricoperta.

Al tempo di Delio Tessa (questo brano è del 1929) il Naviglio era ancora qualcosa di vivo, una via d’acqua fondamentale per le merci e le persone: sono gli stessi anni in cui Jean Vigo gira “L’Atalante”, a Parigi, e l’ambientazione è la stessa. “Navili” doveva essere una composizione a più voci, quasi un quartetto d’archi, ed è rimasta incompiuta; Tessa ha scritto solo le parti dedicate alle prime due voci, e io ne riporto solo l’inizio perché è comunque una parte molto lunga. Si inizia con l’autore ridestato dai rumori nel Naviglio, poi c’è un dialogo tra il Naviglio stesso e l’acqua che vi scorre.
NAVILI
Esuss quella trombetta! Nanca pu
sul fà della mattina poss dormì,
d'ora in ora l'è chì come ona sveja...
me sera giust carpiaa, voltava via
pena, pena on'ideja
e... tracch... quella trombetta besiosa!
Tucc rìven chì... la tosa
che se galena.., el pàder che se spara...
ah, caro ti... el tombon... viva el tombon
de San March... viva i temp d'Ara-Bell'Ara!
...Te dormet eh... te dormet... impastada
de sogn te see... de quand t'hoo cognossuda,
semper insormentida te see stada...
... anca a vess dessedada,
anca a avella veduda
la vita come mi... ah quell fass stringa
della ghirba a tirà
sira!... pàrlomen minga! !
ACQUA
In sto mond birba, pien de travaij,
l'unech remedi l'è de dormì.
NAVILI
Dai brugher de Tesin dove se cobbiom,
acqua e navili num,
là su nassi, me moeuvi;
e da Turbigh a Boffalora poeu
fina al bass de Pavia... acqua... acqua...
(...)

NAVIGLIO. Gesù, quella trombetta! Neanche sul farsi del mattino non posso piú dormire; ogni ora rieccola, come una sveglia... mi ero giusto assopito, mi stavo appena appena appisolando, un'ombra, e.., trac, quella trombetta bisbetica! Arrivano tutti qui: la ragazza che si avvelena, il padre che si spara... Ah, caro mio... il “tombone”..e viva il tombone di San Marco, viva i tempi che Berta filava! ... Tu dormi, eh... tu dormi... sei impastata di sonno..o da quando ti ho conosciuta, sempre intorpidita sei stata... fossi anche sveglia, avessi anche veduto la vita come l'ho vista io... ah quel far stringhe della propria pelle per arrivare a sera!... non parliamone!
ACQUA. In questo mondo furfante, pieno di affanni, l'unico rimedio è dormire.
NAVIGLIO. Dalle brughiere del Ticino dove noi ci congiungiamo, acqua e naviglio, lassù nasco e mi avvio; e da Turbigo a Boffalora, poi, fino alla Bassa di Pavia, acqua... acqua... ti trovo trasognata... ti lascio trasognata... acqua... acqua...
1. Esuss:, “Jesus”, v. la nota a IX tit 42; e cfr. A Carlo Porta, v. 209.
4-6. Cfr. Porta P 65, vv. 141-44: «Domà che reussiss a carpiamm domà on poo, domà on'ombria, soltava subet via giust come quand se insogna de stremíss». Propriamente carpiàss è il primo rapprendersi di un liquido che ghiaccia, il tenue velarsi della sua superficie (cfr. it. carpignare, far congelare), besiosa, « rabbiosa »,« pungente »: altra voce portiana (P 38, v. 141: « duu oeucc de brasca e besios »): da besej, il pungiglione delle vespe o delle api.
8. se galena, «si avvelena»: neologismo. Deverbale di “galena”, un minerale, cristalli di solfuro di piombo.  9-10. caro ti: se non è lezione erronea di PNU (per cara, riferito all'Acqua: v. la nota al v, ri), va inteso come un intercalare fisso, alla stregua di caro mio di VI184 e 105.
Ara-Bell'Ara: inizio di un'antica filastrocca, di senso oscuro (la si veda nel Cherubini), con cui i ragazzi facevano la conta nel gioco del nascondino. Il Porta se ne servi per tradurre il misterioso «Papé Satàn, papé Satàn aleppe» dantesco (cfr. . P 118, v.1 «Ara bell'Ara discesa Cornara»). Per le numerose interpretazioni che se ne sono tentate, piú o meno fantasiose, v. Il Conte Marino e la bella figlia di S. E. Cornara, in «Almanacco della Famiglia Meneghina», Milano 1933.
1 6-t7La ghirba, nel gergo militare (dalla guerra di Libia, 191 1-12), è la pelle. La voce (dall'arabo qirba, otre di pelle o di tela per il trasporto dell'acqua) è entrata anche nell'italiano.
21-23. Dai brugher de Tesin: le brughiere del Ticino, a nord di Milano. Precisamente dal ponte di Oleggio (...)
(dal secondo dei due volumi dedicati a Delio Tessa, pubblicati da Einaudi nel 1985, a cura di Dante Isella, a partire da pag.429)

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