giovedì 16 giugno 2011

A musical Bloomsday

L’Ulisse di James Joyce è ricco di musica, e del resto “Chamber Music”, “musica da camera”, è stato il primo libro pubblicato da Joyce. In questa pagina di musica ce ne è molta, però non inganni il tono alto della discussione, Joyce ci sta prendendo un po’ in giro. Anche noi, spesso, ci perdiamo in discorsi serissimi, e poi c’è sempre la realtà quotidiana a rimetterci al nostro posto. Che sia triste, o che sia una fortuna, è comunque così che funziona.

...E quindi passarono a parlare di musica, una forma d'arte per cui Bloom in qualità di semplice dilettante era posseduto di grande amore, nell'incamminarsi a braccetto attraverso Beresford place. La musica di Wagner, grandiosa nel suo genere, bisognava riconoscerlo, era un po' troppo pesante per Bloom e difficile da seguire alle prime, ma per la musica degli Ugonotti di Mercadante, “Le sette ultime parole di Cristo in Croce” di Meyerbeer, e la Dodicesima Messa di Mozart, ne andava pazzo, il Gloria di quest'ultima essendo per lui l'acme della musica di prim'ordine in quanto tale, che tutto il resto non gli lega neppure i lacci delle scarpe.
Preferiva infinitamente la musica sacra della chiesa cattolica a qualsiasi cosa avesse da offrire quell'altra bottega quanto ad articoli del genere come quegli inni di Moody e Sankey oppure “Dimmi di vivere e vivrò protestante d'esser tuo”. Egli poi non era secondo a nessuno nella sua ammirazione dello Stabat Mater di Rossini, opera veramente strabocchevole di pezzi immortali, in cui sua moglie, Madam Marion Tweedy, aveva fatto colpo, una vera sensazione, non arrossiva a dirlo, aggiungendo una fronda alla sua corona di lauro, e mettendo totalmente in ombra le rivali nella chiesa dei padri gesuiti in Upper Gardiner street, essendo il sacro edificio affollato fino alla porta, per sentirla, di “virtuosos” o piuttosto di “virtuosi”. Unanime fu il giudizio che nessuno le stesse a pari e, basti dire che pur in un luogo di culto e per musica di carattere sacro, unanime fu il desiderio universalmente espresso a gran voce di un bis. Tutto sommato, per quanto prediligesse nettamente l'opera leggera tipo il Don Giovanni, e la Marta, un gioiello nel suo genere, egli aveva un penchant, per quanto frutto d'una conoscenza solo superficiale, per la severa scuola classica come Mendelssohn.
E già che siam dietro a parlarne, dando per certo che egli conosceva tutto di quelle vecchie arie celebri, egli mentovò par excellence l'aria di Lionello nella Marta, M'apparì, che, abbastanza stranamente, egli aveva sentito, o sentito a metà, per esser più precisi, il giorno prima, fortunata coincidenza di cui vivamente si rallegrava, dalle labbra del riverito padre di Stephen, cantata alla perfezione, un'esecuzione invero magistrale, che dava la polvere a tutte le altre. Stephen, in risposta a una domanda cortesemente formulata, affermò di non conoscerla e si imbarcò a fare lodi sperticate delle canzoni di Shakespeare, almeno di quelle del tempo o giù di lì, il liutista Dowland che viveva in Fetter lane accanto a Gerard il botanico, che “anno ludendo hausi, Doulandus”, strumento che aveva in animo di acquistare da Mr Arnold Dolmetsch, di cui Bloom non si ricordava bene, per quanto il nome non gli suonasse certamente nuovo, per sessantacinque ghinee, e Farnaby e Figlio coi loro concetti su dux e comes e Byrd (William) che sonava i virginali egli disse, nella cappella della Regina e ogni dove ne trovasse uno e un certo Tomkins che faceva divertimenti o arie e John Bull.
Sulla strada selciata cui si andavano avvicinando nel parlare, al di là della catena, un, cavallo che trainava una scopatrice misurava il lastrico, spazzando un cumulo allungato di detriti cosicché dal gran rumore Bloom non era del tutto certo d'aver compreso appieno l'allusione alle sessantacinque ghinee e a John Bull. S'informò se non fosse John Bull la notissima celebrità politica di quel nome, come l'idea lo colpiva, essendo i due nomi identici, per singolare coincidenza.
Lungo la catena il cavallo lentamente dette di banda per voltare, il che vedendo, Bloom, che vegliava all'erta come il solito, tirò pian piano l'altro per la manica, osservando scherzosamente:
- Le nostre vite sono in pericolo stanotte. Attenzione al rullo compressore.
Al che si fermarono. Bloom guardava la testa di quel cavallo che non valeva davvero sessantacinque ghinee e che spiccò a un tratto nel buio a lui d'accanto, sì da sembrare altra cosa, un diverso aggruppamento d'ossa e perfino di carne, perché era palesemente un quadrupedante, uno scuotiterga, un chiappenere, un dondolacoda, un ciondolatesta, che avanzava la gamba di dietro mentre il suo signore e creatore era appollaiato lassù a pensare ai casi suoi. Però una brava bestia dopo tutto, gli dispiaceva di non avere una zolletta di zucchero, ma, come saggiamente rifletté, non si può sempre esser pronti a ogni evenienza che dar si può. Era proprio un gran giuggiolone di cavallo nervoso, senza un sol pensiero al mondo. Ma anche un cane, egli rifletté, per esempio quel bastardo da Barney Kiernan, se fosse delle stesse dimensioni, sarebbe un orrore a vedersi. Ma non era colpa di nessun animale in particolare se era costruito in quel modo, come il cammello, nave del deserto, che distilla l'uva in whisky irlandese nella groppa. Nove decimi se ne potevano mettere in gabbia o ammaestrare, nessuno che non fosse soggetto all'arte dell'uomo, se si eccettuano le api; la balena con l'arpone arpione, l'alligatore, fargli il pizzicorino alla coda e sta allo scherzo; traccia un cerchio in terra per il galletto; la tigre, il mio occhio d'aquila. Queste riflessioni di circostanza al riguardo degli animali del creato occupavano la sua mente, alquanto distratta dalle parole di Stephen, mentre la nave della strada stava facendo manovra e Stephen continuava a parlare di quelle interessantissime vecchie...
- Cosa mai stavo dicendo? Ah, sì! Mia moglie, dette a intendere piombando in medias res, sarebbe lietissima di far la sua conoscenza essendo appassionatissima d'ogni genere di musica.
Riguardò di lato amichevolmente il profilo di Stephen, ritratto di sua madre, che non era affatto quel solito tipo di teppista dietro il quale, non c'è dubbio, corrono tutte in frotta e forse non c'era neppure tagliato.
Pure, al supporlo dotato come il padre, ed era qualcosa più che un sospetto il suo, nuove prospettive gli si aprivano in mente, sul tipo del concerto di Lady Fingall a beneficio delle industrie irlandesi del lunedì precedente, e l'aristocrazia in generale.
Si diffondeva ora sulle deliziose variazioni sull'aria Qui gioventù finisce di Jans Pieter Sweelinck, un olandese di Amsterdam, dove fanno le frau. Ancor più gli piaceva una vecchia canzone tedesca di Johannes Jeep sul mare limpido e le voci delle sirene, dolci assassine d'uomini, che rese un po' perplesso Bloom:
Von der Sirenen Listigkeit
Tun die Poeten dichten.
Queste battute d'apertura egli cantò e tradusse ex-tempore. Bloom, annuendo, disse di aver perfettamente capito e lo pregò in tutti i modi di proseguire, il che egli fece.
Una così bella voce di tenore, fenomenale, il più bel dono di natura, che Bloom apprezzò fin dalla prima nota udita, poteva benissimo, se affidata alle sapienti cure di qualche autorità riconosciuta in materia di canto, come Barraclough, e capace di leggere la musica per soprammercato, pretendere quel che voleva dove i baritoni erano a dieci un soldo e procurare al fortunato proprietario in un prossimo futuro una entrée nei salotti alla moda dei quartieri alti, dei magnati della finanza che fanno affari all'ingrosso e gente titolata dove, col suo diploma universitario di B. A. (un buon asso nella manica dopo tutto) e la sua aria distinta, tale da rinforzare ancora la buona impressione, egli certo si sarebbe assicurato un successo non comune, essendo ricco anche di doni intellettuali che avrebbero potuto essere utilizzati all'uopo in questo e altri casi, se qualcuno si fosse curato un po' del suo vestiario, in modo da poter meglio insinuarsi nelle loro grazie, poiché lui, recluta imberbe in fatto di sottigliezze sartoriali dell'alta società, non arrivava davvero a capire quanto una cosa così insignificante mal vi deponga contro. Era in effetti solo una questione di qualche mese e già gli sembrava di vederlo prender parte alle loro conversaziones artistiche e musicali durante le festività della stagione natalizia, a preferenza, provocando un lieve brivido nelle colombaie del gentil sesso ed essendo portato in palma di mano da signore a caccia di sensazioni, ed erano casi, quelli, di cui, ben lo sapeva, si serbava testimonianza, e in effetti, senza voler vantarsi, anche lui, ai bei tempi, se avesse voluto, avrebbe potuto benissimo... A ciò si aggiunga naturalmente, l'emolumento pecuniario davanti a cui non bisogna torcere il naso, e insieme la remunerazione professionale. Non che, aggiunse a mo' di parentesi, per amor del vile metallo egli dovesse di necessità abbracciare la carriera di cantante come modus vivendi per molti anni a venire, quello era solo un passo nella giusta direzione, non c'era discussione, e sia da un punto di vista monetario sia mentale la cosa non influiva per nulla sulla sua dignità, e spesso cadeva enormemente acconcio ricevere un assegno al momento della necessità quando anche un nonnulla serviva. Inoltre, benché il gusto da ultimo si fosse notevolmente deteriorato, una musica originale, come quella, differente dall'usata, sarebbe divenuta rapidamente di gran moda, e sarebbe stata certamente una novità per il mondo musicale di Dublino, dopo una serqua di tenori a effetto che Ivan St Austell e Hilton St Just e il loro genus omne avevano imposto a un pubblico accomodante. Sì, senza l'ombra di un dubbio, poteva benissimo riuscirci, con tutte quelle briscole in mano, e aveva una magnifica occasione di farsi un nome e conquistarsi un posto elevato nella considerazione dei concittadini dai quali poteva pretendere delle belle somme di danaro, e, su prenotazione, dare un gran concerto per i frequentatori della sala di King street, se trovava chi lo sosteneva, qualcuno che gli desse una mano ad arrampicarsi in alto, per così dire, - c'era questo gran se - con un po' di slancio o la va o la spacca che compensasse l'inevitabile procrastinazione in cui spesso restano impigliati i ragazzi viziati dalla gloria e la cosa non avrebbe impedito il resto di un ette, poiché, essendo padrone di se stesso, avrebbe avuto un sacco di tempo per coltivare la letteratura nei ritagli di tempo, quando gliene venisse voglia senza che ciò contrastasse alla sua carriera canora o implicasse qualcosa di men che onesto poiché la faccenda riguardava lui solo. In effetti, non aveva che a stendere la mano ed era
proprio questa la ragione per cui l'altro, che aveva un fiuto fenomenale peggio di un cane da tartufi, gli si era messo alle calcagna.
Il cavallo proprio in quel momento... e più tardi, quando se ne desse l'occasione egli aveva in animo (Bloom, s'intende) senza voler per questo ficcare il naso nei suoi affari privati, sulla base del principio che gli sciocchi si avventurano là dove gli Angeli, di consigliarlo a romperla con un certo praticone in erba il quale, egli aveva notato, era incline a denigrarlo, e persino, fino a un certo punto, col pretesto di celiare, quando non era presente, a disprezzarlo, o comunque si voglia dire, il che a modesto avviso di Bloom, caratterizzava il carattere di quel signorino - scusate il gioco di parole. Il cavallo non sapendo più dove batter la testa, per così dire, si fermò e sollevando il superbo pennacchio della coda, volle aggiungere il suo obolo lasciando cadere al suolo, che la scopatrice avrebbe presto ripulito e messo a nuovo, tre stronzi globosi e fumanti. Lentamente, tre volte, uno dopo l'altro, giù dal grosso deretano, venne scacazzando. E umanamente il suo conducente attese finché lui (o lei) avesse finito, paziente nel suo carro falcato.
Fianco a fianco Bloom, approfittando del contretemps, passò con Stephen attraverso il varco nelle catene, divise da un pilastrino, e, saltando sopra a un lago di lordura, s'incamminò verso Gardiner street inferiore mentre Stephen cantava più baldanzosamente, ma a voce più bassa, la fine della ballata:
Und alle Schiffe brücken.
Il conducente non fece motto né buono né cattivo né indifferente. Si limitò a osservare le due figure, rimanendo seduto sulla vetturetta, ambedue nere - una pingue l'altra esile - che camminavano verso il ponte della ferrovia a farsi sposare da Padre Maher. Nel camminare a volte si fermavano e si riincamminavano continuando il loro téte-à-téte (dal quale, si capisce, egli era tagliato fuori), circa le sirene, nemiche della ragione umana, mescolando insieme diversi altri argomenti analoghi, gli usurpatori, i vari casi che la storia ci tramanda in quel campo, mentre l'uomo della scopatrice o tanto varrebbe dire sonnecchiatrice, che in ogni caso non poteva sentire perché erano troppo lontani, non faceva che rimanere sul suo sedile quasi in fondo a lower Gardiner street “e con gli occhi seguia la vetturetta”.
(James Joyce, Ulysses, traduzione di Giulio de Angelis, pag.585 edizione Oscar Classici Mondadori da me comperato il giorno 11.03.1976).

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