sabato 26 marzo 2011

" Li fanno arrivare "

«Li fanno arrivare». «Li hanno fatti arrivare». «Se vedono che gli danno accoglienza, poi ne arrivano ancora». «Bisogna buttarli a mare, le cannonate servono, rimandarli a casa, affondare le barche, faceva bene Gheddafi...»
“Li fanno arrivare?” Ma chi li fa arrivare? Chi è che li ha invitati? Chi è che glielo ha detto, di arrivare? Chi, dove, come, quando, perché? Quantomeno, direi che a queste affermazioni manca il soggetto: chi è che li fa arrivare? E poi, come si fa a farli arrivare? E perché lo ascoltano così tanto, questo misterioso invito? Sarà mica colpa di Prodi?
Lasciando in pace Romano Prodi, che è fuori dal giro della politica da parecchio tempo, e che magari i più giovani non sanno neanche più che faccia abbia, mi stupisce constatare che nessuno abbia mai pensato, facendo questi discorsi, a Sharm el Sheikh, a Djerba, ad Hammamet, a Marrakesh, agli infiniti villaggi vacanze che ci vedono protagonisti da una quarantina d’anni.
Basta aprire un catalogo di un’agenzia di viaggi per trovare nomi di località che a noi appaiono esotiche e favolose, ma che sono reali ed abitate: abitate da persone (magari il personale di servizio, camerieri, muratori, giardinieri, donne delle pulizie, bambini, passanti) che ci vedono, ci guardano, ci studiano, pensano. Pensano che c’è un posto dove c’è gente che vive bene, che non ha problemi, gente ben nutrita, gente che spende soldi per cose inutili, ma che cosa vengono a fare qui dove c’è povertà? E, soprattutto, la domanda fatale: ma da dove viene questa gente?
Una volta informatisi, si parte: Italia, Francia, Svezia, Germania, insomma tutti i posti da dove partono i charter con i turisti, turisti che vanno a turbare la tranquillità di posti come Sharm, come Djerba, come Hammamet, come Marrakesh, come Zanzibar, come le Seychelles, le Mauritius, il Kenya, Capoverde, il Messico, i Caraibi, dov’è che non siamo ancora andati?

E poi c’è la tv: negli anni ’90 gli albanesi che sbarcavano in Puglia lo dicevano apertamente, penso che ci siano ancora le interviste in archivio: a Tirana guardavano tutti Canale 5, vedevano gli show ricchi di belle donne e paillettes, guardavano la pubblicità, in Italia c’è il ben di Dio, la ricchezza, vendono perfino il cibo per gatti. E dunque, visto che si può, via sui barconi e sui gommoni, verso il Paradiso. A tutto questo andrebbero aggiunte le dichiarazioni d’epoca di Silvio Berlusconi, anch’esse disponibili in archivio: a metà anni ’90 era all’opposizione, pur di far fare brutta figura a Prodi e D’Alema si mise ad abbracciare gli albanesi, a piangere sulla loro sorte, a dire che ne avrebbe adottata una famiglia intera.
Poi gli albanesi smisero di arrivare con i gommoni: la Storia (quella vera) aveva fatto il suo corso, tutti gli albanesi che volevano venire in Italia erano arrivati, la situazione si era normalizzata, degli albanesi non si è più parlato. Un successo del governo? No, gli albanesi non sono moltissimi, l’Albania non è un paese grande, quelli che volevano muoversi si sono mossi, e dopo qualche anno tutto si è normalizzato. Oggi il problema è molto più grande, riguarda tutto il Mediterraneo, e nessuna persona di buon senso può pensare che tutto si possa risolvere con una legge e una marca da bollo, o rimandando indietro uno per uno tutti quelli che arrivano.

Ho lasciato per ultime le due considerazioni più immediate, e più banali: la prima è che ognuno si sposta come vuole e dove vuole, se appena può farlo, senza che ci sia bisogno di qualcuno che lo invita. Succede da che mondo è mondo: un mio compagno di classe vive a Parigi da trent’anni, un altro è a Londra e ha sposato un’inglese e ha fatto quattro figli e tra poco sarà nonno; mica li hanno invitati, avevano vent’anni, hanno preso su e sono andati. Non a tutti va bene, non tutti sono onesti, ma quando si è giovani, se appena si può farlo, si prende su e si va. Un posto vale l’altro, Londra, Madrid, Barcellona, Parigi, Amsterdam. Che lo facciano anche i giovani arabi, e a migliaia, può anche non piacere, ed è chiaro che ci sono e ci saranno molti problemi: ma constatare che c’è chi se ne stupisce e ne dà la colpa a questo e a quello, e magari è pure ministro, è davvero – come dire? – curioso, strano, indecente, non trovo più nemmeno le parole.

La considerazione finale, quella più importante, l’ha fatta ieri sera Gino Strada in tv, e io la riporto qui: si tratta del nostro prossimo, di esseri umani, forse non siamo più cristiani? Qui invece si parla di delinquenti, di prostitute, e lo si fa senza nemmeno sapere chi sono queste persone. In tv, ieri sera, a rispondere a Gino Strada, e indirettamente anche alla Caritas, c’era l’on. La Russa, ministro della Difesa: che in casi come questi è la persona perfetta, nel senso del discorso che vorrei iniziare a fare qui. E infatti per iniziare una piccola serie sui luoghi comuni, cioè su quelle frasi che ripetiamo meccanicamente senza mai fermarci a pensare su cosa stiamo dicendo, non c’è niente di meglio che andare ad ascoltare l’on. La Russa, o magari leggersi gli editoriali dei giornali leghisti.Ogni tanto bisognerebbe fermarsi a pensare su quello che si dice, ed è quello che mi piacerebbe provare a fare qui.

Nessun commento: