mercoledì 1 dicembre 2010

Falsi in bilancio e facce di tolla

“Non si può, perché c’è il debito pubblico”: da qualche tempo i massimi esponenti del governo Bossi-Berlusconi, quando si presentano in tv, tirano fuori questo argomento in risposta a chi gli dice che si sono fatti troppi tagli anche in settori vitali e che toccano direttamente tutte le famiglie. Lo dicono storcendo il naso, alzando il ditino, sottolineando il fatto che loro non sono responsabili, eh no, non sono responsabili. Dato che uno dei principali attori di questa piccola gag è l’on. Cicchitto, direi che conviene ripassare un po’ la storia del debito pubblico.
Basta mettere in un grafico, uno di quelli più semplici, in ascissa l’andamento del debito pubblico e in ordinata le date dal 1945 in qua (o viceversa, che è lo stesso), e abbinare alle date i rispettivi governi, e si vede subito che cosa è successo. Mi dispiace di non avere qui i dati precisi e di non poter mettere qui il grafico vero e proprio, perchè è di un’evidenza sconcertante: purtroppo io non faccio il giornalista, questo lavoro spetterebbe ad altri. Ma questo grafico ogni tanto salta fuori, io l’ho letto (purtroppo non l’ho conservato) e posso riassumere.
E dunque: si parte dal 1945, cioè dalle macerie, dai morti, dalle rovine e dalla devastazione lasciate in eredità da Mussolini e dalla Repubblica di Salò: quindi da sotto zero.
Nel giro di pochi anni, De Gasperi e la generazione politica uscita dalla Resistenza (con l’aiuto iniziale del Piano Marshall) rimettono in sesto i bilanci: nei primi anni ’60 la lira italiana è addirittura una delle monete più stabili e affidabili d’Europa. Da qui nasce il grande boom economico, che porterà l’Italia tra le primissime potenze industriali del pianeta.
La curva del debito pubblico, fin qui in attivo, comincia a scendere dal 1973: la prima grande crisi petrolifera, la nascita dell’OPEC, l’austerity. Da qui, dal 1973, poteva nascere un grande ciclo virtuoso: ma la generazione dei De Gasperi non c’è più, al governo ci sono politici meno attenti, e quando la crisi petrolifera sembra risolversi tutti pensano che si possa andare avanti come prima, ma non è così. L’inflazione seguente a quegli anni è devastante, e malgovernata: come capita sempre, se ne dà la colpa alle pretese dei sindacati – e forse è il caso di ripetere: dal 1945 a tutti gli anni ’60 la lira fu una moneta forte e affidabile, e i bilanci erano in ordine. In ordine: con l’assistenza sanitaria gratuita, con le pensioni a 50 anni. Forse qualche problema è venuto anche da una classe politica e dirigente inadeguata, almeno il sospetto potrebbe nascere: ma lasciamo stare, questo non è un trattato di storia, è solo un piccolo sfogo personale.

Da qui in avanti, la curva del debito pubblico comincia a diventare preoccupante, ma sempre nei limiti. Il buco vero, la vera voragine (e mi dispiace di non aver qui i dati e il grafico, sono più che eloquenti – spero che qualcuno lo faccia) arriva negli anni ’80: governo Craxi, governo De Mita. E’ importante far notare che sono anni in cui non solo l’economia va bene, ma Craxi si vanta più volte del “sorpasso” all’Inghilterra e alla Francia: l’Italia è la quarta potenza economica mondiale.
Invece di approfittarne per rimettere in sesto i bilanci, si arriva vicinissimi alla catastrofe: è il 1992, l’anno degli accordi di Maastricht, e il capo del governo è Giuliano Amato.
Amato tasserà tutto il tassabile, e anche di più: e diventerà odioso. Lo stesso Amato, anni dopo, in un’intervista spiegherà come era messa l’Italia: come l’Irlanda e la Grecia di oggi, e anche peggio.
Dopo Amato, il governo viene affidato a Ciampi, governatore della Banca d’Italia: un tecnico. Ciampi ha avuto un brevissimo passato politico, nel 1945, prendendo la tessera del Partito d’Azione: “non ci votarono nemmeno le nostre fidanzate, e il partito si sciolse” è la battuta che circola ancora oggi tra i superstiti del Partito d’Azione – e forse sta qui il vero guaio della storia italiana, perché nel Partito d’Azione (di centro, non ideologico) stavano alcune fra le migliori persone che siano mai entrate in politica. o che ci abbiano provato.
Siamo ormai alla storia recente: grazie a Ciampi (per cinque anni ministro dell’Economia nel governo Prodi, e seguenti) il debito pubblico scende dal 124% lasciato da Craxi fino al 102%, consentendo l’ingresso nell’euro. Nel 2001 riprendono il potere Bossi, Berlusconi e Tremonti, dopo il breve passaggio del 1994: da allora il debito pubblico continua a salire. Gli ultimi dati parlano del 118%, molto vicino al deficit lasciato da Craxi e De Mita nel 1992. Come a dire: diciotto anni di sacrifici buttati al vento.
C’è chi ne dà la colpa al crollo delle Torri Gemelle, New York 2001: invece io quando vedo in tv (quasi ogni sera) il volto severo e accigliato dell’on. Cicchitto, io penso: «Onorevole Cicchitto, lei c’era. Quando si scavava la voragine senza fondo, lei era lì, a fianco di Craxi...(e non era l’unico, ma non fatemi fare gli altri nomi, che non ne posso più di ascoltarli).
PS: in milanese, “tolla” è la latta, quella della lattine. Che se la lucidi bene diventa bella come l’oro, ma resta sempre lamiera.
PPS: il federalismo è costosissimo...preparatevi a pagare caro tutto quello che vi vedete intorno, oppure vedete se riuscite ad aggregarvi al carro. Auguri!

(vignetta di Maramotti, da L'Unità anno 2007)

2 commenti:

franz ha detto...

Le caduta Torri Gemelle, se non ci fosse stata, avrebbero dovuto inventarla.
O le hanno buttate giù per avere una scusa per mille cose diverse?

Quando parleranno di questi anni gli storici dovranno rivalutare il feudalesimo come periodo buono della storia dell'umanità.

Giuliano ha detto...

mi piacerebbe che questo grafico lo facesse qualche studente come tesi di laurea... o, in alternativa, che ne facesse un libro qualche storico serio.
Ha ragione Marco Paolini, quando dice che i documenti ci sono, basta aver voglia di leggerli (lui si riferiva ai documenti giudiziari, che usa per gli spettacoli teatrali sul Vajont, su Ustica, eccetera).