giovedì 1 luglio 2010

Saul Bellow

I coccodrilli galleggiavano qua e là in mezzo ai gigli, e quando aprivano la bocca io pensavo a quanto può essere calda, dentro, una creatura umida. (...) L'aria era calda, chiara e arida e per diversi giorni non vedemmo orme umane. Né c'erano molte piante; anzi non c'era quasi niente di niente; tutto era semplice e splendido, ed io sentivo che stavo entrando nel passato, il passato vero, niente storia o roba del genere. Il passato preumano.
(Saul Bellow, Il Re della Pioggia, cap.V)

"Il re della pioggia" è stato il mio primo incontro con Saul Bellow, un incontro del tutto casuale, una vecchia edizione tascabile trovata a pochissimo prezzo in una libreria Remainders'. A quell'epoca leggevo di tutto, e non conoscendolo pensavo che Bellow fosse un fragile intellettuale newyorchese, oppure un cowboy, un Hemingway un po' più sobrio. Invece ad attendermi c'era "Leo" Eugene Henderson, il Re della Pioggia, protagonista di un'avventura mitica in un'Africa inventata ma straordinaria.

« Dovrò dunque fuggire nel deserto, - pensavo - e restarci fino a che il diavolo non mi sia uscito di corpo, ed io sia in grado di accostarmi ad un essere umano senza indurlo alla disperazione al primo sguardo? Forse non ne ho avuto abbastanza, di deserto. Voglio gettar via il fucile e il casco e l'accendino e tutta questa roba, e magari gettar via anche la mia violenza, e campare nel deserto, di vermi. Di locuste. Fino a che dentro di me non sia riarso tutto il male che c'è. »
(Saul Bellow, Il Re della Pioggia, cap.V)

Henderson si perde malamente, in Africa; e viene accolto da una tribù di neri e da un Re improbabile, colto e saggio come un filosofo di Voltaire, che gioca con i leoni. Henderson è Popeye e Bluto nello stesso tempo, e la sua è un'esperienza di vita, e una metafora chiara e divertita della nostra condizione: per ritrovarsi bisogna prima perdersi. Il romanzo è bizzarro e imprevedibile, pieno di humour e di saggezza; e ancora oggi associo il nome di Bellow a questo libro più che ai suoi capolavori più conclamati, come Herzog o Il dono di Humboldt, che ho letto in seguito. E, sempre, con grande riconoscenza verso questo grande e bizzarro animale.

E ripensando ai ranocchi e a molte altre cose, me ne stavo seduto davanti al fuoco, fissando le braci, pensando alla mia vergogna e al mio sfacelo. Ma un uomo continua a vivere, e vivendo le cose vanno meglio o vanno peggio. Non si fermano, ecco; e chi è sopravvissuto ad un disastro lo sa benissimo.
(Saul Bellow, Il Re della Pioggia, cap.IX)

PS: questo post risale al 2005; e ringrazio molto Angela che ripubblicando Bellow sul suo blog ("my favorite things") me lo ha fatto tornare alla memoria.

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