mercoledì 15 dicembre 2010

L'opinione degli altri

Giuliano, 18 novembre 2004
- Where do you come from? - mi chiede, incuriosito, il gestore del negozio di Amsterdam dove sono andato a fare un po' di spesa. Non sono biondo, ma in fin dei conti in mezzo agli olandesi potevo mimetizzarmi piuttosto bene; e mi è capitato altre volte di sentirmi chiedere se ero tedesco, americano, e perfino se ero greco (per via dei baffi, che tutti i greci portano e che allora portavo anch'io). Aggiunto che il mio inglese è tutt'altro che perfetto, la curiosità del gentile droghiere è più che legittima; così gli rispondo senza problemi.
- Ah, Italiamafia! - è la sua sorridente reazione. Lo dice come cosa scontata, la frase gli sale spontanea e sorridente. Insomma, non ha nessuna intenzione di offendermi e forse non se ne rende conto.
Correva l'anno 1992, la stagione di Di Pietro, Borrelli e Mani Pulite apriva molte speranze; gli accordi di Maastricht erano sulla bocca di tutti, al governo c'era Giuliano Amato, che stava varando la più terribile e pesante manovra finanziaria della storia d'Italia per provare a riparare agli anni della disastrosa gestione di Craxi e De Mita (i governi più lunghi nella storia della Repubblica, quelli in cui si aprì la voragine del debito pubblico).
Adesso siamo a fine 2004, abbiamo una sentenza definitiva secondo la quale Giulio Andreotti è stato sicuramente, fino al 1980 (e perciò per 32-34 anni) in contatto con i mafiosi, e abbiamo i Berlusconi, i Bossi e i Fini al governo. Cosa potrei rispondere al negoziante olandese? Forse la stessa cosa che gli risposi allora, cercando di sorridergli: "non io, non la mia famiglia..."


Sono passati un po’ di anni. Cosa è successo, nel frattempo? Sono arrivate due sentenze, una definitiva e l’altra quasi, che dicono a chiare lettere questa cosina qua: IL PARTITO CHE GOVERNA L’ITALIA È STATO FONDATO DA UN CORRUTTORE DI GIUDICI (CESARE PREVITI) E DA UN PROBABILE MAFIOSO (MARCELLO DELL’UTRI). Si può dire senza timore di querele: sto facendo riferimento a sentenze per un totale di sette anni di carcere ciascuno (il totale per ora fa quattordici, se non sbaglio). Ed è di questi giorni l’inchiesta (con centinaia di arresti) che denuncia il controllo della ‘ndrangheta su tutta la Padania (pardon, Lombardia); un’altra inchiesta denuncia il racket dei rifiuti in mano al gruppo camorristico dei “casalesi”, legatissimi anch’essi ai politici locali. Che dire? Che probabilmente per un olandese pronunciare correttamente la parola “ndràngheta” è molto difficile, e che ormai per farmi capire sarò costretto a dire che vengo da Gemonio, o da Varese, o da Arcore, o da Lazzate, o da Milano, una delle tanti capitali della Padaniamafia-Brianzamafia.

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