mercoledì 14 aprile 2010

Ambra grigia ( III )


- Moby Dick, romanzo di Herman Melville (1851)
- Moby Dick, film di John Huston (1956)

Nei titoli di testa del suo film, John Huston mette un particolare ringraziamento per “i balenieri di Madeira, per il grande aiuto che ci hanno dato” (“the whalemen of Madeira, for the great help they gave”). Gli altri ringraziamenti sono per istituzioni ufficiali e musei (a Seaport, a Old Dartmouth, al British Institute of Oceanography); ma questo accenno all’isola di Madera, ben dentro all’Oceano Atlantico, fa pensare che le scene di “Moby Dick” che rappresentano il lavoro dei balenieri siano da guardare come un documentario, e che quelli che vediamo all’opera siano proprio i balenieri di Madeira. Sono scene necessariamente molto brevi (questo è pur sempre un film per il pubblico pagante) e non è come nel libro di Melville dove queste descrizioni occupano capitoli interi; ma sono scene importanti, perchè danno l’idea della lunghezza del viaggio e delle occupazioni quotidiane.

Come si diceva, Melville per un anno della sua vita (1841-42) fece parte dell’equipaggio di una baleniera; e quindi i suoi racconti sono molto precisi e dettagliati. Come si diceva ieri, la caccia alle balene veniva data per procurarsi soprattutto olio per illuminazione e materie prima per saponi e cosmetica: l’argomento può non piacere, ma ancora oggi sull’origine dei profumi più usati (quasi sempre un’origine animale) molte persone preferiscono non indagare. In questo post ne metterò un esempio non dei più piacevoli: niente che non sia già stato detto, cose note da secoli, ma chi non vuole sapere è libero di continuare a non sapere.

Melville nel suo libro fa subito una distinzione: sulle navi baleniere americane c’è sempre una raffineria pronta a funzionare. Il che implica un gran lavoro da fare a bordo, ma permette di portare a casa l’olio già raffinato, che non si decompone e non puzza. Non tutti i balenieri si comportavano così, ci dice Ismaele, il narratore di Moby Dick; ma prima ci spiega nei dettagli come funzionava il gran fuoco della raffineria: la descrizione è tutta intorno al capitolo XCVI - LA RAFFINERIA, che è bellissimo però è troppo lungo per essere portato qui. Ne faccio fare le veci dalle immagini, tratte appunto dal film di John Huston.

XCVI • LA RAFFINERIA
(...) Non guardare troppo dentro il fuoco, uomo! Non sognare mai con la mano alla barra! Non voltare le spalle alla bussola; accetta il primo avvertimento del timone che sussulta, e non credere al fuoco artificiale, quando la sua vampata fa apparire spettrale ogni cosa. Domani, alla luce naturale del sole, i cieli saranno limpidi. Quelli che luccicavano come demoni tra le fiamme forcute, il mattino li farà apparire assai più netti, più docili almeno; il sole glorioso, aureo e felice, l'unica vera luce: tutte le altre non sono che menzogne! E tuttavia il sole non nasconde la Palude Lugubre della Virginia nè la maledetta Campagna romana, nè l'immenso Sahara, nè tutti i milioni di miglia di deserto e di pene sotto la luna. Il sole non nasconde l'oceano, che è la faccia oscura della terra ed è due terzi di essa. E quindi quell'uomo che ha in sè più gioia che dolore, quell'uomo non può essere vero: e se è vero, è immaturo. Lo stesso coi libri. Il più vero di tutti gli uomini fu l'Uomo delle Sofferenze, e il più vero di tutti i libri è quello di Salomone, l'Ecclesiaste, che è come l'acciaio ben martellato del dolore. « Tutto è vanità.» TUTTO. Questo mondo caparbio non si è ancora impadronito della saggezza del non cristiano Salomone. (...)

Segue il capitolo XCVIII - STIVAGGIO E PULIZIA, del quale raccomando la lettura. A me piace moltissimo, anche per le implicazioni filosofiche: alla fine del gran lavoro, la nave baleniera rimane perfettamente pulita e in ordine. E non è un miracolo, perché l’olio ottenuto è davvero un potente detergente, uno dei migliori, forse il migliore possibile.
E prima ancora, nel capitolo XCVII - LA LAMPADA, Melville ricorda che su tutte le navi i marinai sono abituati a razionare con cura l’olio per l’illuminazione, e imparano a muoversi nel buio della stiva; sulle baleniere, invece, l’olio è molto e di primissima qualità, e la luce abbonda.

4 commenti:

Marisa ha detto...

Stupenda la pagina sulla raffineria!, come del resto tantissime in Melville.
Capisco come ti lasci catturare dalle descrizioni sulla vita a bordo del Pequod e dai suoi magnifici "operai" e ti assicuro che non sottovaluto la fatica e il lavoro, anche il più umile e sento profondamente il bisogno di restituirgli l'autentica dignità.
Ma la grande Balena! Anche se ,come ripeti, navighiamo quasi tutta la vita senza vederla, è indubbio che il nostro vero destino si decide nei pochi momenti in cui appare e perciò , per essere preparati dovremmo cercare di conoscerla già molto prima e possibilmente avere già una qualche idea (filosofia di vita?) di come affrontarla, altrimenti rischiamo di seguire quello che altri (magari Achab o chi per lui) ci impongono per le loro vendette o tornaconti privati. Se ci pensi bene, quasi tutte le tragedie e grandi catastrofi dell'umanità avvengono perchè chi lavora con onestà ed impegno si lascia poi comandare e "guidare" da capitani divorati dai propri bisogni di rivalsa o sfrenate ambizioni di gloria.
Il capolavoro di Melville non porta il nome della Balena e tutto , cominciando dal primo capitolo( per nulla superfluo come qualcuno crede) sulla etimologia, non è forse una lenta, ma inesorabile attesa e preparazione al suo fatidico incontro?

Giuliano ha detto...

C'è un bel racconto di Dino Buzzati, "Il colombre", che penso debba molto a "Moby Dick".
Era il primo di una raccolta con lo stesso titolo, penso che sia ancora in libreria.

Questi post avrei voluto ampliarli, purtroppo le mie conoscenze di chimica non me lo consentono...

Marisa ha detto...

Non credo proprio che le tue "conoscenze di chimica non te lo consentono"...Quello che non dici rispetto ai metodi per estrarre dagli animali le sostanze di cui gli uomini vogliono appropiarsi si capisce benissimo...
Già da due anni io ho adottato un Orso attraverso una associazione "Animal Asia" che si occupa di recuperare (comprandoli, naturalmente) orsi catturati in Cina e costretti a vivere entro gabbie a stretta misura del loro possente corpo con un catetere infilato nella cistifellea per la continua estrazione di bile, che viene poi usata nell'industria farmaceutica e cosmetica cinese. Prima, per rubare la bile uccidevano gli orsi; ora hanno capito che è più lucroso estrarre la bile in continuazione, man mano che si riforma e tengono queste splendide creatura in perpetua immobilità e prigionia! Ingegno dell'uomo!

Grazie per l'indicazione di Buzzati. E' una raccolta che non conosco e cercherò di procurarmela.
Ho in mente, naturalmente, il "Deserto dei Tartari", dove la situazione (visto che mi ci fai pensare) è paradossalmente simile al Moby Dick, ma poi all'attesa continua e snervante non corrisponde mai l'arrivo del Grande Evento.

Giuliano ha detto...

Eh, ce ne sarebbero di cose da dire...Però bisognerebbe essere freschi dell'esame di chimica organica. Io prendevo sempre pessimi voti, l'università l'ho vista solo da lontano, e la chimica è bella ma è difficilissima a volerla fare sul serio.
Le "montagne" di acidi grassi di ogni tipo però fanno parte del mio percorso di vita, purtroppo ormai interrotto.