giovedì 26 novembre 2009

Incubi e profezie ( n.9 )

Incubi e profezie, n.9 – Cuore di vetro
Un villaggio dove tutti sono sotto ipnosi, dormienti, e dove l’unico uomo ancora in sè è un veggente che abita sulla montagna, giovane e forte; ma le sue profezie sono quasi incomprensibili, e nel finale lo vediamo combattere con un orso che in realtà non esiste, anche l’orso è solo una visione.
In “Cuore di vetro”, gli attori recitano sotto ipnosi. Quale è il senso di questa scelta, che a prima vista appare come qualcosa di inquietante, di mostruoso, e anche di insensato? “Cuore di vetro” , oltre ad essere un film fascinoso come pochi, è anche un caso unico nella storia del cinema; ma il senso dell’operazione voluta da Werner Herzog esiste e non è difficile da trovare. Il punto di partenza sono antiche leggende bavaresi, riprese dallo scrittore Herbert Achternbusch in un suo romanzo di poco precedente al film. Al centro di queste leggende c’è il montanaro Mühlhias, cioè “Matthias del Mulino”, o più semplicemente Hias. Vissuto nel ‘700, ha lasciato queste profezie oscure, nello stile di Nostradamus, che un tempo erano molto popolari; oggi sono quasi dimenticate ma Achternbusch le riprende, prese dai manoscritti del tempo e dalle biblioteche locali, e nel film ne ascoltiamo parecchie.
Siamo in Baviera a fine ‘700. Il padrone della vetreria è anziano, forse invalido forse no (è fermo su una sedia, ma probabilmente per sua volontà). Suo figlio, che ne ha preso il posto, impazzisce cercando il segreto del vetro rubino, il vetro rosso; e trascina con sè nella follia il villaggio, finendo per incendiarlo. In mezzo a questo scenario si muove Hias.
Herzog decide di portare sullo schermo il libro di Achternbusch, e sceglie di far recitare gli attori sotto ipnosi. Dopo aver messo un bando sui giornali, scrittura tra i volontari che si sono presentati quelli che possono essere sottoposti all’esperimento senza problemi. Quelli che vediamo sono dunque quasi tutti attori non professionisti, con qualche eccezione.
“Cuore di vetro” sta ad indicare qualcosa di molto duro ma anche molto fragile. E’ una frase che il padrone della vetreria rivolge al veggente Hias, verso la fine del film: “Anche tu hai dunque un cuore di vetro”. Si tratta di due uomini giovani: il padrone della vetreria è anziano e invalido, suo figlio è ossessionato dalla produzione del vetro rubino, del quale si è perso il segreto; e Hias è un montanaro giovane e molto forte. Si sono ritrovati in carcere l’uno per aver appiccato un disastroso incendio e aver ucciso una ragazza, l’altro per aver previsto tutto questo. (Il rubino rosso, il vetro color rubino, esiste veramente: non è un vetro colorato ma è prodotto con materiali che gli danno quel colore caratteristico. E’ molto pregiato e difficile da lavorare, ma non si tratta di un segreto.)
Il senso dell’ipnosi è questo: nel villaggio nessuno si rende conto di cosa succede, tranne il chiaroveggente che avverte gli altri con le sue visioni. E’ per questo, di conseguenza, che il veggente Hias, interpretato da Josef Bierbichler, è l’unico degli attori che non è mai sotto ipnosi. Hias vive lontano dal villaggio, in un punto alto; solo così tiene lontana la malvagità e le influenze nefaste. E’ un punto più alto anche dal punto di vista della metafora, ad indicare un livello superiore; però Hias ha delle visioni strane, poco lucide, come quella dell’orso per il quale chiede che venga organizzata la caccia, e contro il quale alla fine combatte, ma che in realtà non esiste (vediamo Hias stanare un orso inesistente e lottare con il pugnale contro di lui, corpo a corpo: ma noi lo vediamo combattere da solo).
Il film finisce con Hias che torna alle sue montagne, e che racconta una nuova visione: un’isola in mezzo al mare, e quattro dei suoi abitanti che vanno a cercarne i confini remando su una piccola barca. E’ una delle sequenze più belle mai filmate da Herzog (ed è tutto dire), qualcosa che non si può raccontare ma soltanto vedere; e questa metafora del villaggio sotto ipnosi dove succedono violenze e omicidi, e dove l’unica persona cosciente dice cose incomprensibili, è decisamente inquietante anche oggi. Questo è un soggetto che non perderà mai di attualità, purtroppo.
CUORE DI VETRO, DI WERNER HERZOG Herz aus Glas, di Werner Herzog (1976) Sceneggiatura di Herbert Achternbusch, Werner Herzog. Con Josef Bierbichler, Stepan Guttler, Clemens Scheitz, Sonja Skiba Musica: Popol Vuh Fotografia: Jorg Schmidt-Reitwein (93 minuti)
(il racconto completo, con molte immagini, è su http://giulianocinema.blogspot.com/ )

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