giovedì 26 novembre 2009

Incubi e profezie ( n.10 )

Incubi e profezie, n.10 – Gli sfollati
Tra i racconti dei vecchi, cioè le persone nate prima di me e che quand’ero bambino mi sembravano vecchi, era ben presente la storia degli sfollati. Anzi, molti di loro erano sfollati.
In tempo di guerra, soprattutto dal 1943 al 1945, vivere nelle grandi città era pericoloso: per via dei bombardamenti. Il vecchio duce non voleva ammettere la sconfitta e si asserragliò qui al nord, inventandosi una repubblichina che significava soltanto la svendita dell’Italia ai nazisti, cioè il tradimento della Patria per la quale diceva di combattere. Ma questa è un’altra storia, un altro incubo.
Quella che racconto oggi è la storia degli sfollati, che venivano qui in campagna per sfuggire alle bombe e anche perché qui c’era ancora da mangiare. Qui, a 30-40 Km da Milano, a quei tempi c’erano ancora molti contadini. La terra era fertile e dava molto; qualcosa da mangiare si trovava sempre, anche per gli sfollati, anche in condizioni di emergenza.
Tutto questo nel 1943. Oggi, ormai nel 2009, mi guardo intorno. Cos’è rimasto di quella campagna? Qui è come Milano, case e capannoni, terze e quarte corsie dell’autostrada, parcheggi, palazzoni, villette a schiera. Nelle case vecchie c’era sempre un orto, un giardino; oggi al posto dell’orto le nuove generazioni hanno costruito un garage, molto grande perché le automobili di oggi chiedono spazio e ogni famiglia ha due, tre, quattro automobili.
Non lo sa quasi nessuno, ma la farina che usiamo viene quasi tutta dal Canada. Ci riempiamo la bocca con paroloni sulla tradizione italiana, ma da soli, senza il grano del Canada, non riusciremmo nemmeno a fare un piatto di spaghetti. Idem per la polenta: una volta qui si andava tutti a polenta, da qualsiasi parte si guardava era facile trovare un campo di granturco. Da bambini rubavamo le pannocchie e le cuocevamo, così per divertimento; oggi al posto delle “mie” pannocchie c’è un parcheggio, o una villetta a schiera. Dio non voglia, ma se dovesse capitare un’altra emergenza cosa succederà? Non dico qui, magari un’emergenza a Gibilterra che impedisca il transito alle navi cargo che arrivano dal florido Canada. O in Israele, col Mediterraneo, Suez...
Questo è forse l’incubo più spaventoso. Lo metto in fondo alla mia serie, sperando che non si avveri mai: né per me né per i miei discendenti.


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