sabato 1 agosto 2009

Tim Buckley, 1970

- Ho perso anni e anni della mia vita a combattere per avere il diritto di fare le cose a modo mio, e il più delle volte ho combattuto invano.
(Orson Welles, da un'intervista del 1950)
Quante volte nella nostra vita abbiamo incontrato qualcuno che ci ha detto "Fa' così, fa' come ti dico che ti troverai bene?". E molte volte il consiglio era davvero buono, e quasi sempre il consiglio era davvero dato con le migliori intenzioni e magari con grande affetto e attenzione; ma il mondo non è così semplice e così chiaro, e molto spesso il buon consiglio dato con le migliori intenzioni va nella direzione opposta a dove dovrebbe andare.
Per esempio, nel 1970 Tim Buckley pubblicò ben due dischi nei quali credeva molto, e nei quali aveva messo tutto se stesso: "Lorca" e "Starsailor". Sono i suoi dischi più belli e più difficili, e vendettero pochissime copie. Ancora oggi, perfino in USA, "Starsailor" non è reperibile sul mercato. Buckley aveva esordito giovanissimo, a 17 anni, scrivendo canzoni splendide tra il country e la ballata; con Bob Dylan come ispiratore, però con una voce bellissima per timbro e straordinaria per estensione, due qualità che per i rocker non sono quasi mai una benedizione (anzi). Il secondo album è un grande successo, e le case discografiche fanno proposte interessanti al giovanissimo cantante; che però è curioso, si interessa al jazz e alla musica colta moderna, da John Cage a Luciano Berio: e commette altri due gravissimi peccati, di quelli che il mondo moderno non perdona. Buckley esce dal mercato, diventa troppo difficile e troppo "colto": eppure fa solo canzoni, e anche molto belle e struggenti. Il passo successivo è questo di Lorca e di Starsailor: un grandissimo risultato come artista, una rovina in senso commerciale. Buckley è distrutto e molto deluso. Un agente suo amico lo prende sottobraccio e gli dice quello che tutti gli avevano detto fin lì (ma lui duro, avanti per la sua strada...): fa' così, fa' come ti dico io, ascolta un amico... E il raffinato giovane californiano diventa un cantante pop e funk commerciale, o almeno ci prova. Ma non funziona, i dischi nuovi non piacciono sul mercato e Buckley ci sta malissimo. Erano gli anni '60, droghe ed alcool scorrevano a fiumi, neanche Tim ne era esente. E' così che Tim Buckley, o meglio quel che ne era rimasto, muore a soli 28 anni, nel 1975. Come Jimi Hendrix, come Janis Joplin, come Jim Morrison: ma meno famoso, meno maledetto, più oscuro. Si può tradire il proprio destino? E' una domanda grossa come una casa, e io per oggi non me la sento di rispondere.
(...) Ah, lord, it's just the same old story
Something about love for glory
A nickel and a dime a dozen fame...
(Tim Buckley, Happy time)

(Giuliano 31 ottobre 2005)

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