domenica 16 agosto 2009

Nick Drake


“Pink Moon”, la rosea luna, l’ho incontrata quando avevo diciott’anni: subito dopo ho abbandonato il rock, ma non ho mai smesso di ascoltare la musica del suo autore Nick Drake, così come quella di Tim Buckley e di Robert Wyatt. A quei tempi mi era sembrata una musica molto bella ma triste; oggi la trovo dolce e delicata, appena un po’ malinconica.
Nick Drake è quasi l’incarnazione di un archetipo: il ragazzo con la chitarra, bello dolce e un po’ malinconico, di quelli che piacciono alle ragazze, forse Orfeo in persona. Si muove tra jazz e blues, quasi sempre da solo e ogni tanto con ottimi compagni di strada come la chitarra (elettrica) di Richard Thompson e il contrabbasso di Danny Thompson. Ha una bella voce di baritono, leggera ma precisa. E’ dolce e delicato quando canta i pensieri di Mary Jane (“Who can know / the thoughts of Mary Jane?”) oppure le passeggiate londinesi lungo Mayfair; ma ogni tanto viene afferrato da una potenza infera, forse lo spettro di Robert Johnson in persona, che lo trascina dentro il blues. Allora incontra un cane dagli occhi neri, un cane che conosce il suo nome e che lo chiama fuori dalla sua porta; e si chiede se ha fumato troppo, perché qualcosa non va e se ne rende conto.
Al di là delle mie immagini liriche, più o meno riuscite, la potenza infera si ricorderà davvero di questo ragazzo inglese, e non tarderà a manifestarsi nel modo più cupo: Nick Drake muore a 26 anni, nel 1974, in modo tragico, come tanti ragazzi della sue epoca. Quello che ci rimane di lui, comprese le registrazioni fatte in casa, occupa soltanto tre dischi. Anzi, a voler togliere i doppioni e le canzoni di Bryter Layter, sciaguratamente arrangiate con gli archi (nei 60 si usava, non c’entrano niente ma è colpa dei produttori), due cd bastano e avanzano.
Avrà ritrovato la sua Euridice, il delicato Orfeo inglese? Di sicuro, nel mondo dell’Ade non avrà trovato le Baccanti pronte a sbranarlo, e Cerbero gli si sarà accostato con simpatia; sarà stato piuttosto accolto da fanciulle gentili che ne avranno preso cura, come certo gli accadeva in vita. E Apollo e Dioniso, uniti insieme, certo gli si sono manifestati per portarlo su con loro, nell’Empireo – un luogo che, del resto, non avrebbe mai dovuto lasciare.

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