sabato 1 agosto 2009

Johannes Brahms

«Mia amata Clara, passo sempre le feste in grande solitudine, tutto solo o con pochi cari amici nella mia stanza e molto tranquillamente - giacché i miei sono morti o sono lontani. Come mi fa bene allora sentire con voluttà come l'animo umano può essere colmo d'amore. La verità è che io dipendo dal mondo esterno; la baraonda in cui si vive - non mi fa ridere e non partecipo alla menzogna - ma è come se il meglio di noi si appartasse e solo metà della persona procedesse ancora come in sogno.
Come sei fortunata tu, oppure devo dire bella, buona, diritta. Voglio dire, tu porti il tuo cuore come un possesso in piena sicurezza - noi dobbiamo nasconderlo ogni momento. Tu guardi tutto con tanto calore e con tanta serenità, basandoti sempre su te stessa, e dai serenamente ad ognuno quel che gli compete. Tutto ciò suona così sciocco e non so esprimermi, ma sarebbe ancora più sciocco parlare di gigli e di angeli e arrivare a te e all'animo tuo da quella via. (...)»
(Johannes Brahms a Clara Schumann, aprile 1872, lunedì di Pasqua)

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