sabato 1 agosto 2009

Amo la radio

Sono passati trent'anni dalla prima radio libera italiana, e Repubblica dell'8 marzo scorso ne celebra la ricorrenza. Lo fa con toni entusiastici dai quali mi permetto di dissentire, a partire dalla citazione di una famosa canzone di Eugenio Finardi: "Amo la radio perché arriva dalla gente / entra nelle case e ci parla direttamente / E se una radio è libera ma libera veramente / piace ancor di più perché libera la mente". Io c'ero, in quel 1976, e non penso proprio che Finardi, nello scrivere questi versi, pensasse a Radio DJ o a RDS, né che volesse tessere l'elogio di Albertino, di Cecchetto e di Gerry Scotti.
La storia delle radio libere - ben presto diventate "radio commerciali"- è un po' diversa, forse varrebbe la pena di raccontarla meglio ma so già che il tono elogiativo/elegiaco sarà l'unica religione ammessa in quest'anniversario. Passata la prima fase eroica e un po' approssimativa, ma molto vitale, divenne evidente che con la radio qualcuno poteva farci dei soldi: tramite la pubblicità e i contatti con le case discografiche. Fare i soldi è una bella cosa, ma quando si tratta di radio, tv e giornali non dovrebbe essere l'unico obiettivo: lo ha detto più volte anche il Papa, ma si sa che in un paese cattolico come l'Italia il Papa conta come il due di picche a briscola. Dovendo piacere ai pubblicitari prima che agli ascoltatori, si sono via via eliminate tutte le cose che potevano dare fastidio, a partire dai notiziari (reintrodotti soltanto dalla legge Mammì) e dalle musiche "difficili" e dai discorsi "pesanti".
Da allora, cioè da subito, sulla base di questa selezione, le radio libere sono diventate la sagra continua di tutto ciò che è stupido e superficiale, per non dire di peggio. A volte sono divertenti, e ogni tanto succede che trasmettano buona musica; ma purtroppo non si può fare a meno di ascoltarle: sono invasive, le trovi dappertutto. Al cinema prima del film, al supermercato, dal dentista, nelle sale d'attesa, nelle auto degli amici e dei conoscenti, in palestra, negli uffici: e guai se provi a chiedere di spegnere o di cambiare canale. E' per questo che sono così informato su scandali e pettegolezzi, sugli amori dei personaggi della tv e sulle notizie più cretine apparse sui giornali: c'è un filtro potente, sulle "radio libere", e le cose che passano sono solo queste - a meno di essere proprio originali e andarsi a cercare una radio "strana" (che so, Radio Popolare, Radiotre, Radio Maria...). Del resto, il controllo dei mezzi di comunicazione era uno dei primi punti del programma P2, e loro sapevano bene cosa stavano facendo, fin da quel lontano 1975.
(Giuliano 15 marzo 2005)

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