mercoledì 22 luglio 2009

Una visita al Poldi Pezzoli

Scricchiola sotto le mie scarpe, il parquet del Poldi Pezzoli. L'antica casa del signor Poldi Pezzoli, in via Manzoni a Milano, oggi trasformata in Museo, ha questa caratteristica: sembra davvero ancora una casa d'abitazione, e ho sempre un po' di timore reverenziale ogni volta che ci entro. Mi verrebbe da chiedere permesso, e mi sento un intruso: ma ho tra le dita il biglietto appena fatto, giù all'ingresso della Casa (pardon, del Museo), e quindi la mia parte razionale mi incoraggia ad andare avanti. Una gran bella casa, la casa di un vero signore: con la fontana all'ingresso, sotto la bella scala che porta ai piani superiori. E il Museo è bellissimo, forse il più bello di Milano. Non è un museo tematico, si vede che è il frutto della raccolta di un appassionato; ma un appassionato davvero competente. Per esempio rimango sempre un po' sconcertato quando arrivo davanti al ritratto di Martin Lutero del Cranach (come sarà arrivato fin qui?), ma tutto quanto è da guardare e da ricordare, compresi i mobili e gli arredi residui della casa. Si ha l'idea di un'altra Milano, di un'altra civiltà, di qualcosa che si è perduto forse definitivamente. Del resto, siamo in via Manzoni, nel cuore della Milano ottocentesca, a due passi dalla Scala: ed è inevitabile il confronto di questo cortile e di questa casa con il lavoro degli architetti e dei politici del nostro tempo, che non sanno rinunciare a lasciare la loro firma indelebile (proprio come gli aborriti writers) invece di restaurare, e magari anche ammodernare, ma con rispetto e "sottotraccia", senza farsi notare troppo. Operazioni che non portano voti né pubblicità, ma solo il rispetto degli appassionati veri; e quindi del tutto fuori moda.
Ma intanto sono arrivato davanti ai quadri del Luini, e ormai sapete quanto ci tenga, a questo pittore. Davanti a me c'è il suo San Gerolamo: il vecchio santo nel deserto, intento a scrivere la Vulgata, con un leone al suo fianco. Il leone è domestico, sembra un grosso gatto ed è abbastanza ridicolo. Ma non credo che sia un caso: di certo Luini avrà avuto voglia di giocare, magari di divertire i suoi figli (futuri pittori anch'essi); e poi, via, il leone terribile che diventa un grosso gatto sorridente è una bella metafora sulle nostre collere e sulle nostre preoccupazioni. Magari andasse sempre così, magari si potessero trasformare le nostre rabbie in questo modo... Per queste operazioni, è bene rivolgersi ai santi, sembra dirci Bernardino Luini: e dunque, eccomi raccolto, meglio che posso, in orazione davanti a San Gerolamo.
Il leone del Luini in San Gerolamo
che sembra un gatto ma incute anche terrore
è un grosso gatto ma è ugualmente splendido
nell'opera buffa ma bella del Pittore.
Egli è un Leone ma per il Santo è gatto:
e così accade col nostro malumore
che ci perseguita e non se ne vuole andare -
ci vuole un Santo, tramite d'amore.
(circa 1999)

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