giovedì 16 luglio 2009

Seta

- Sapete perché a Como c'è l'industria della seta? - chiedeva il buon Pasquali, trent'anni fa, a noi studenti di chimica del quarto anno, al Setificio di Como.
Pasquali era vicino alla pensione, trent'anni fa: insegnare a scuola per lui era quasi un hobby, perché la sua vera attività riguardava le industrie seriche e tessili del comasco e dei dintorni. Pasquali sapeva tutto e conosceva tutti, da più di quarant'anni; ma a noi diciassettenni sembrava solo un vecchio signore un po' bizzarro, per di più con quel suo buffo (esotico per tutti ma non per me) accento emiliano o forse romagnolo.
- A Como si lavora la seta perché qui hanno sempre allevato i bachi. - continuava Pasquali. - Difatti, se vi guardate un po' in giro, vedrete quanti gelsi abbiamo ancora nei nostri giardini. Però oggi i bachi non li alleva più nessuno, seta lombarda non ce n'è più. La seta, oggi, è tutta cinese; o indiana, che è di qualità un po' inferiore. Noi comaschi comperiamo la seta grezza dalla Cina, e poi la rilavoriamo. Se i cinesi volessero, se avessero la tecnologia giusta, potrebbero metterci in ginocchio; ma per fortuna non è così, e allora meglio per noi.
Parole di trent'anni fa, quando una Cina come potenza industriale sembrava una cosa impossibile. Invece ci siamo arrivati, e anche di gelsi se ne vedono sempre meno: quelli che restano sono ormai, come dire, "antichi"; e hanno un aspetto davvero vissuto, quasi come il signor Pasquali di trent'anni fa. Nel frattempo, gli industriali comaschi e brianzoli hanno fatto fortuna vendendo macchine tessili e tecnologia tessile ai cinesi, che oggi sono bravi come i comaschi e anche di più. E qui le fabbriche chiudono, perché anche i colossi del settore - i Ratti, i Mantero... - trovano più comodo portare qui dalla Cina direttamente i foulard e le camicie di seta, invece della seta grezza da lavorare. Foulard e camicie prodotti nelle loro fabbriche, direttamente sul posto, là dove vive ancora il Bombyx Mori, la farfalla il cui bruco vive sul gelso. E intanto noi siamo qui, noi comaschi, a parlare di dazi e di protezionismo; e anche questo è un segnale che il mondo è cambiato, perché una volta, i comaschi, non perdevano tempo in chiacchiere e avevano voglia di lavorare, mica come oggi.
(Giuliano 7 agosto 2006)

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